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Cinque anni dall’accordo di Parigi sul clima

13 Dicembre 2020 François Burgay 0

La pioggia invernale alle Isole Svalbard, l’ondata di calore estiva in Siberia, la continua deforestazione in Amazzonia e, molto probabilmente un anno, il 2020, tra i più caldi mai registrati. Questa è l’immagine con la […]

Olio di colza
Chimica & Cucina

Olio contraffatto: il caso della Spagna

26 Maggio 2020 François Burgay 0

E’ una giornata come un’altra a Madrid, nel maggio del 1981. E’ ormai primavera inoltrata, le giornate sono soleggiate e finalmente, dopo il rigore dell’inverno ci si può godere il caldo e la movida spagnola […]

Piazza Duomo durante il Lockdown
Chimica & Ambiente

Lockdown e concentrazione di anidride carbonica

23 Maggio 2020 François Burgay 0

Il lockdown legato al coronavirus sta ormai terminando in diversi Paesi del mondo ed è quindi giunto il momento di tirare un bilancio su quali sono stati gli effetti che questo provvedimento ha avuto sull’ambiente […]

Chimica & Medicina

Storia del DDT: una grande speranza

20 Maggio 2020 François Burgay 1

Raccontiamo oggi la storia di una grande speranza, quella del DDT. Dall’illusione di aver trovato una molecola magica, alla presa di coscienza della sua pericolosità per l’ambiente e per l’uomo.

Chimica & Storia

Assenzio: sostanza allucinogena o potente alcolico?

13 Maggio 2020 François Burgay 0

Due sguardi persi nel vuoto. Vicini, ma al tempo stesso distanti. Così, appaiono i due personaggi raffigurati nel quadro di Degas, “L’Assenzio“.

La tragedia dell'Hindenburg
Chimica & Storia

L’allicina avrebbe potuto scongiurare un disastro?

28 Aprile 2020 François Burgay 0

Gli anni ’30 erano gli anni del trasporto passeggeri attraverso l’uso di enormi dirigibili. I più famosi, e sicuri, erano gli Zeppelin di costruzione tedesca. Alcuni di loro erano riusciti nell’incredibile impresa di circumnavigare l’intero […]

Chimica & Storia

Tutta colpa della carta da parati!

21 Aprile 2020 Luca Catalano 0

I grandi protagonisti della storia umana hanno vissuto vite intense e fuori da ogni schema. Per questi personaggi, che hanno plasmato il mondo grazie a forza, spirito e intelligenza fuori dal comune, ci aspettiamo che […]

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Amo la Chimica


Infinitamente piccolo, ma infinitamente doloroso.
Infinitamente piccolo, ma infinitamente doloroso. Queste incredibili strutture piramidali sono in realtà fonte di un dolore talvolta insopportabile: si tratta dei calcoli renali.

Diversi fattori contribuiscono alla formazione dei calcoli, uno tra questi è la supersaturazione delle urine. In altre parole, la concentrazione dei sali nelle urine è talmente elevata rispetto a quella effettivamente solubile che questi iniziato a cristallizzare e precipitare. L'eziologia, vale a dire le cause che portano allo sviluppo dei calcoli, è molto complessa e variegata. Ci può essere una concausa di fattori tra cui ereditarietà, alterazione del pH delle urine che altera la solubilità delle sostanze ivi disciolte, alimentazione squilibrata ecc... 

La forma dei calcoli renali può essere differente a seconda della loro composizione chimica. I più comuni contengono calcio e sono di struttura piramidale come quelli rappresentati in fotografia. Essi sono principalmente ossalati di calcio con tracce di fosfati e tendono a formarsi in presenza di urine acide (pH inferiore a 5.5). Altri calcoli invece possono contenere magnesio, ioni ammonio e fosfati, mentre meno comuni sono quelli costituiti da acido urico e cistina.

Infine, un piccolo debunking: bere acqua del rubinetto favorisce la comparsa dei calcoli? Il consiglio molto diffuso di utilizzare acque "leggere" in sostituzione dell’acqua del rubinetto per evitare la formazione di calcoli non è giustificato da evidenze scientifiche. È stato dimostrato infatti che anche le acque minerali ricche di calcio sono utili nella prevenzione dei calcoli mentre, viceversa, una dieta povera di calcio può aumentare il rischio di sviluppare questa patologia.

Il modo migliore per la prevenzione dei calcoli è rappresentato da una corretta idratazione al fine di consentire una corretta diluizione delle urine. La diluizione e l’aumento del flusso dell’urina aiuta a ridurre la formazione dei cristalli di sali, che vengono così più facilmente espulsi prima che le loro dimensioni possano esser tali da creare problemi al loro passaggio nelle le vie urinarie.

FONTE: Istituto Superiore di Sanità (issalute.it), American Association for Clinical Chemistry

Anche i gatti hanno la loro droga: una specie di e
Anche i gatti hanno la loro droga: una specie di ecstasy felina. Il nepetalactone. Si tratta di un terpene costituito da due anelli rispettivamente di 5 e 6 atomi di carbonio, fusi insieme. E' stato estratto per la prima volta dalla pianta di erba gatta (Nepeta cataria) nel 1941 e da allora ha incuriosito per le sue proprietà sia i felini che gli umani.

Per i gatti, infatti, si tratta di una fonte di profondo piacere: il 70% di loro è sensibile a questa molecola. Tra tutti gli isomeri strutturali, uno in particolare, il 4aα,7α,7aα-nepetalactone è quello responsabile dell'azione eccitante. Esso si lega infatti a dei recettori collocati nell'organo vomeronasale collocato sul retro del naso del gatto dove esplica la sua funzione. Si tratta di un recettore sensibile in particolare ai feromoni e, questo, dovrebbe spiegare gli effetti che provoca.

Tuttavia, questa molecola, e più in generale l'erba gatta, ha interessato parecchio anche gli umani: sia scienziati sia persone in cerca di sballo. Se i primi, e lo vedremo, hanno scoperto alcune proprietà interessanti, i secondi sono rimasti probabilmente delusi visto che nell'uomo non ha gli stessi effetti che sui gatti. Anzi, a grandi dosi può provocare nausea e cefalea.

Dal punto di vista scientifico, invece, è stato osservato come la somministrazione di erba gatta ai topi ne aumentasse l'attività sessuale. Inoltre, il nepetalactone sembra possieda interessanti attività antimicrobiche, in particolare nei confronti di batteri che hanno già sviluppato una certa resistenza ai farmaci e, potenzialmente anche antitumorali. 

Ciò che è certo è che il nepetalactone "nasce" come molecole in grado di proteggere la pianta di erba gatta dagli insetti, agendo da repellente. Si è anche dimostrato un valido alleato per l'uomo in quanto è in grado di "respingere" le zanzare, con l'unico effetto collaterale di far sballare il proprio animale domestico! 

FONTE: Bernardi, Maria Martha, et al. "Nepeta cataria L. var. citriodora (Becker) increases penile erection in rats." Journal of Ethnopharmacology 137.3 (2011): 1318-1322.

Chemistry World

Queste le parole di Henry Ford quando brevettò, n
Queste le parole di Henry Ford quando brevettò, nel 1942, la prima auto costituita da pannelli plastici integrati con fibre provenienti dalla canapa e soia. Si trattava della Hemp Body Car o Ford Cannabis. 
La formulazione esatta di questa vettura rimane, ad oggi, sconosciuta in quanto gli unici esemplari costruiti furono distrutti poco dopo le uniche apparizioni pubbliche. Inoltre,sia la morte di Ford (nel 1947) sia il proibizionismo del 1955 affossarono definitivamente ogni progetto e sviluppo futuro. 

Attorno a quest'automobile, quindi, permane un'aura di mistero tra leggenda e verità. I pannelli della vettura erano davvero costituiti da plastica derivante da cannabis e soia? Secondo Lowell Overly, l'impiegato della Ford che aveva in carica il progetto, la macchina era costituita da "fibre di soia, resina fenolica e formaldeide", mentre altri ingegneri sostengono che quest'auto era "banalmente" costituita da resine fenoliche, simile alla bakelite (una resina fenolica termoindurente ottenuta da formaldeide e fenolo). Questo scetticismo nacque anche dal fatto che durante la Seconda Guerra Mondiale le targhe delle auto erano effettivamente realizzate utilizzanto semi di soia pressati, ma il materiale era così fragile che pochi effettivamente sopravvissero (alcune vennero semplicemente mangiate da animali golosi).

Se il materiale con cui era costruita la "Hemp car" rimane quindi un mistero, essa era ugualmente innovativa. Si trattava della prima vettura realizzata in plastica (bio o no). Grazie alla sua struttura tubolare era circa 500 kg più leggera delle altre automobili con importanti risparmi di carburante. Inoltre, l'idea di integrare fibre vegetali alle resine plastiche nelle automobili non svanì e fu applicata nella produzione della Trabant. Il materiale prese il nome di Duroplast ed era costituito da fibre di cotone integrate a resine fenoliche. 

Oggi, la fibra di canapa, spesso mixata con fibra di vetro, kenaf e lino, viene utilizzata per realizzare pannelli compositi per automobili. Possiamo quindi concludere che l'idea di Ford ha finalmente trovato una sua applicazione nel settore automobilistico.

#didyouknow #accaddeoggi #chimica #automobile

Dopo tre ore di nuvole bianche, appare il mare Nor
Dopo tre ore di nuvole bianche, appare il mare Norvegese con le sue increspature. Quindi le prime vette. Tocco terra. Sono arrivato alle Svalbard. 
L'entusiasmo si trattiene a stento: "Guarda che belle montagne!", faccio a Elena, la mia compagna di avventura. Non capisco la sua mancanza di entusiasmo. Mi dice di aspettare, che quello che vedo è niente, anzi è pure "bruttino". Mah... 
Da lì a poco parte il nostro Dornier 228, un biturboelica ad ala alta da 14 posti. Da quando stacca le ruote dalla pista di decollo mi sento un po' meno turista: la destinazione è Ny Alesund, la città abitata più a Nord del Pianeta. Una città della Scienza.
Ed è proprio durante il volo che inizio a comprendere le parole della mia compagna di viaggio: Longyarbyen era proprio brutta in confronto allo spettacolo fatto di montagne, ghiacciai, ghiaccio marino e fiordi che gradualmente si scopre ai nostri occhi. 30 minuti di volo che avrei voluto ripetere per almeno altre 30 volte! 
Arriviamo alla Base Italiana "Dirigibile Italia" poco dopo le 16 ed è già ora di cenare (!!). Vengo avvisato della scarsa qualità del cibo, ma, sinceramente a me non dispiace affatto... Forse perché non si discosta tanto da quello che mi preparo quotidianamente.

Amo camminare nelle foreste: d'inverno, d'estate.
Amo camminare nelle foreste: d'inverno, d'estate. Mi piace guardare gli alberi, osservare le forme delle diverse foglie e curiosare tra i rami alla ricerca di qualche scoiattolo. Gli alberi sono creature straordinarie. La cosa che più mi affascina, però, è un'altra ed è legata alla chimica. In effetti l'albero rappresenta, ad oggi, lo strumento più efficiente (anche se non sufficiente) per rimuovere l'anidride carbonica in eccesso dall'atmosfera. Attraverso la fotosintesi clorofilliana gli alberi catturano la CO2 e la trasformano in glucosio e altri carboidrati che andranno poi a costituire la parte strutturale della pianta. Parafrasando quindi la celebre canzone di Sergio Endrigo, "per fare un albero, ci vuole l'aria". 

I meccanismi alla base dei processi biochimici coinvolti sono stati scoperti da Melvin Calvin, chimico americano che, insieme a Andrew Benson e James Bassham, utilizzò carbonio-14 per ricostruire il percorso di trasformazione dell'anidride carbonica una volta assimilata dalla pianta. Seguendo la sua trasformazione, Calvin, Benson e Bassham descrissero tutti gli step della "fase oscura della fotosintesi", nota anche come "Ciclo di Calvin", e capirono come la CO2 si potesse trasformare in zuccheri.  Inoltre dimostrarono come la luce solare non agisca direttamente sulle molecole di anidride carbonica riducendole, bensì alimenti la formazione dei composti organici attraverso la produzione di ATP e NADP ridotto. 

Nonostante la scoperta coinvolse attivamente tre scienziati, il Premio Nobel del 1961 fu assegnato soltanto a Calvin. 

#nobelprize #premionobel #nobelchimica #scoperte #discovery #chimica #didyouknow #losapeviche

La molecola della settimana non poteva non essere
La molecola della settimana non poteva non essere il nuovo vaccino contro il Sars-CoV-2 e più in particolare quello formulato da Pfizer and BionTech. 

Si tratta infatti del primo vaccini che utilizza l'RNA messaggero (mRNA) come "strumento" per stimolare il sistema immunitario a riconoscere agenti patogeni come, in questo caso, le proteine che Sars-CoV-2 usa per ancorarsi ai recettori ACE-2 delle nostre cellule. 

Nelle infografiche vi descrivo brevemente i principi di azione, nel testo invece voglio spiegarvi in maniera inevitabilmente semplificata che cos'è l'mRNA e come è coinvolto nel processo di sintesi delle proteine. 

All'interno del nucleo della cellula, un frammento di DNA viene copiato/trascritto in diverse tipologie di RNA, tra cui l'mRNA che esce dal nucleo e si dirige verso i ribosomi. I ribosomi sono delle strutture complesse che, in prima approssimazione si possono associare a delle catene di montaggio dove si assemblano dei pezzi (gli amminoacidi) per la creazione di un oggetto (la proteina). Il fornitore di questi pezzi è l'RNA transfer (tRNA), mentre chi decide in che ordine assemblarli è l'mRNA. Ogni frammento (tripletto di basi azotate) di mRNA richiama uno specifico tRNA che porta con sé un determinato amminoacido. In questo modo, di tripletto in tripletto, vengono portati nel ribosoma tutti gli amminoacidi necessari che, legandosi tra di loro attraverso dei legami peptidici, formeranno una specifica proteina. 

Il vaccino a mRNA funziona esattamente in questo modo: le istruzioni riportate sull'mRNA chiameranno molecole di tRNA (e annessi amminoacidi) in un'ordine tale che verrà sintetizzata la proteina spike del virus. Una volta formata, la proteina non viene riconosciuta dal nostro organismo. Questo scatenerà una reazione immunitaria che produrrà anticorpi specifici i quali, in caso di infezione da Sars-CoV-2, riconsoceranno le proteine virali distruggendole e proteggendoci.

#vaccino #iomivaccino #iomivaccinocontroilcovid #covid19 #sarscov2 #chimica #medicina #molecoladellasettimana #amolachimica

Che anno è stato il 2020 dal punto di vista clima
Che anno è stato il 2020 dal punto di vista climatico? Stando ai dati pubblicati dalla NOAA, il 2020 si colloca al quarto posto tra gli anni più caldi con un riscaldamento di +1.16°C, rispetto alla media calcolata dal 1881 al 1910.
Questo valore, nuovamente superiore a 1°C, va letto in un contesto di La Nina e lo rende ulteriormente preoccupante. In effetti, durante gli anni de "La Nina", che si protrarrà anche per parte del 2021, le temperature globali dovrebbero essere relativamente più fredde. Pertanto, questo +1.16°C di anomalia positiva è un valore mitigato proprio da questo fenomeno climatico che si ripete ogni 3-7 anni (alternandosi a El Nino).

Non desta più sorprese il fatto che sia la regione Artica a soffrire maggiormente gli effetti dell'aumento delle temperature in virtù della sempre più evidente riduzione dell'estensione di ghiaccio marino (fenomeno dell'amplificazione artica). Con meno superficie bianca a riflettere la radiazione solare, questa sarà assorbita dagli oceani (scuri) che, oltre a scaldarsi e contribuire all'ulteriore contrazione di ghiaccio marino, alimentano la crescita delle temperature artiche. Anomalie fino a 5°C rispetto alla media sono state registrate in Siberia e nel Mar Glaciale Artico, mentre incrementi fino a 3°C sono stati percepiti in Scandinavia e Russia Occidentale. 

E in Italia? Se consideriamo la media di temperatura calcolata tra il 1981 ed il 2010, notiamo come il nostro Paese si sia riscaldato di 0.85°C durante il 2020, quasi il doppio rispetto alla media globale (+0.46°C) dimostrando come il bacino del Mediterraneo e l’area alpina siano degli autentici hot spot climatici e sottolineando ulteriormente come urgenti piani di adattamento siano necessari per limitare la vulnerabilità del nostro territorio.

FONTE: https://psl.noaa.gov/cgi-bin/data/composites/printpage.pl 
climalteranti.it

Nuova stagione, nuova rubrica! Questa volta ci imm
Nuova stagione, nuova rubrica! Questa volta ci immergeremo nell'infinitamente piccolo per esplorare le bellezze che questo ci regala. Lo faremo sfruttando il microscopio elettronico a scansione (SEM) e quello che vi proporrò sarà una serie di fotografie da, letteralmente, un altro mondo! 🙂 
Avremo modo di approfondire anche i dettagli strumentali, ma ora lasciamoci cullare dalle immagini.

La foto di oggi vi mostra una diatomea: un'alga rivestita da un guscio di vetro (silice) e che popola gli ambienti marini. Il suo ruolo all'interno del sistema climatico è estremamente importante in quanto, essendo un'alga, o meglio un phytoplankton, fa la fotosintesi catturando anidride carbonica dall'atmosfera e liberando ossigeno. In particolare, questi organismi micrometrici generano dal 20 al 50% dell'ossigeno dell'ossigeno prodotto ogni anno dal nostro Pianeta. Si tratta di organismi vecchissimi: le prime diatomee sono state fatte risalire a circa 130 milioni di anni fa, in pieno Giurassico quando prosperavano ancora i dinosauri. In più, si trovano un po' ovunque: alcuni studi le hanno identificate anche sui ghiacciai delle Ande, a più di 5000 metri di altezza trasportate dai venti. 

Dal punto di vista chimico-ambientale sono spesso usate come validi indicatori della qualità delle acque. In effetti, ogni specie prospera in funzione di specifici parametri vitali che devono pertanto essere ottimali. Sto parlando di temperatura, concentrazione di nutrienti, ossigeno disciolto... Altre invece sono particolarmente vulnerabili all'azione di specifici inquinanti. Per questo, osservare come la distribuzione delle specie varia nel tempo può dare utili informazioni sullo stato di salute dei corpi idrici in questione. Si tratta di una strategia comunemente utilizzata in Europa e negli Stati Uniti. 

CREDITS: Wikimedia 

#chimica #diatomee #inquinamentoambientale #monitoraggioambientale #microscopio

Con l'inizio di quest'anno vi voglio coinvolgere i
Con l'inizio di quest'anno vi voglio coinvolgere in alcune delle esperienze polari che ho fatto raccontandovi dal punto di vista scientifico e umano quello che ho provato e fatto. Questa è stata in assoluto la mia prima (e dal sorriso nella fotografia potete facilmente intuire il mio stato d'animo). Avevo vinto un progetto di ricerca e ho soggiornato per circa un mese alla Stazione Artica Dirigibile Italia dell'Istituto di Scienze Polari (@cnr_isp).
________

I libri più belli che ho letto sono stati quelli che parlavano di grandi esploratori: Bonatti, Amundsen, Scott, Shackelton, Messner, Nobile... Di loro ho ammirato il coraggio, la determinazione, la voglia di conoscere. Ho vissuto così intensamente le loro avventure che, quando salii a San Pietroburgo a bordo del Krassin, la rompighiaccio che portò in salvo Umberto Nobile, mi commossi.
Tra poche ore mi imbarcherò su un volo diretto ad Oslo per la prima tappa di un viaggio che mi porterà, insieme ad Elena, al 78° parallelo, ad appena 1000 km dal Polo Nord: alle Isole Svalbard.
Naturalmente la nostra avventura non è paragonabile a quella di Nobile o di altri grandi esploratori, ma forse le emozioni a poche ore dalla partenza sono simili. Come ci si sente di fronte all'ignoto? Eccitati, spaventati, curiosi. Sicuramente si tratta di "ignoti" differenti. Nobile era partito per scoprire ciò che nessuno aveva mai visto prima, noi ci rechiamo in un luogo che ogni anno richiama migliaia di turisti. Tuttavia resta, per i nostri occhi, un territorio sconosciuto e ostile. 
Questo per dire che tutti noi siamo degli esploratori: quando viaggiamo vediamo ciò che ci circonda per la prima volta. Per questo dobbiamo recuperare la capacità di entusiasmarci di fronte alla novità e dobbiamo essere sempre animati dalla volontà di fare nuove scoperte. Per farlo non occorre recarsi al Polo. E' sufficiente un angolo nascosto della nostra città, una spiaggia dimenticata o una passeggiata in un Parco Nazionale.
La fame della scoperta non dovrebbe mai abbandonarci: è forse la cosa che più di ogni altra ci rende vivi. 
Adesso è tempo di partire. Saluto la Primavera veneziana e do il benvenuto a quella polare: 40 gradi di differenza!

L'automazione nelle industrie automobilistiche è
L'automazione nelle industrie automobilistiche è ormai realtà. Grazie all'utilizzo di robot opportunamente programmati è possibile aumentare produttività, sicurezza e qualità del prodotto finale sgravando gli umani da incarichi pericolosi o alienanti.
Ma se vi dicessi che anche nei laboratori chimici potrebbe succedere qualcosa di simile?

Ve lo immagereste infatti un compagno di laboratorio in grado di lavorare in modo continuo, senza commettere errori e arrivare ad un risultato in molto meno tempo di voi? No? Beh, forse dovete ricredervi! L'Università di Liverpool ha infatti sviluppato un "chimico-robot" capace di lavorare per 8 giorni consecutivi, anche al buio, realizzando 688 esperimenti nel campo della fotocatalisi per la produzione di idrogeno dall'acqua e con l'ausilio della luce. 
Il robot doveva gestire in maniera opportuna tre diversi coloranti, due tensioattivi e tre sali a diverse concentrazioni per massimizare la produzione di idrogeno. Per farlo, effettuava pesate, erogava volumi, agitava provette, irradiava i campioni e li analizzava per mezzo di un gas cromatografo. Attraverso un algoritmo di intelligenza artificiale, in funzione dei risultati degli esperimenti, prendeva autonomamente una decisione su come procedere per migliorarli e, così facendo è riuscito a trovare le condizioni per produrre 6 volte più idrogeno rispetto alle condizioni iniziali.

In un contesto simile, quale potrà essere il ruolo dei ricercatori del futuro? In cosa dovranno specializzarsi? Forse è ancora fantascientifico pensare a robot in grado di sostituire in toto i ricercatori anche nelle mansioni più ripetitive (ad esempio nella realizzazione di curve di calibrazione). Tuttavia, possiamo riflettere su quelle che saranno le competenze che come scienziati dovremo avere per "competere" con i robot (es. studiare programmazione, machine learning...). 

Infine, va specificato che questo robot non ha la capacità di formulare delle ipotesi, ma si "limita" ad indagare lo spazio alla ricerca della risposta migliore. Per questo, forse, c'è ancora un futuro per noi poveri esseri umani! 😉 

FONTE: Burger, B., et al. A mobile robotic chemist. Nature 583, 237–241 (2020).

Ho sempre pensato a quale fosse il modo migliore p
Ho sempre pensato a quale fosse il modo migliore per comunicare il cambiamento climatico. Non ho ancora una risposta, ma inizio a capire ciò che non funziona. Quello che osservo è che prevale una comunicazione negativa che passa dal "quanto inquina l'albero di Natale" a "I ghiacciai scompariranno" fino ad arrivare ad un sottinteso "moriremo tutti". 
Non dico che questa comunicazione sia sbagliata: è sacrosanto mostrare gli effetti negativi di alcune nostre abitudini e mostrare come il nostro Pianeta stia cambiando rapidamente in risposta all'aumento delle temperature. Tuttavia mi chiedo: la paura non genera forse paralisi? Il terrore non pietrifica? E alla luce di questo, come possiamo cambiare il nostro modo di vivere se restiamo immobili? 

E' per questo che ritengo che un'efficace comunicazione del cambiamento climatico debba dare spazio alle buone notizie e ad un po' di ottimismo, senza naturalmente ignorare la realtà. 

A tal proposito, questo 2020 porta delle prime timide buone notizie. La prima è l'impegno da parte della Cina di raggiungere un picco di emissioni di gas serra entro il 2030 per poi arrivare ad emissioni nette zero entro il 2060. La seconda è che gli Stati Uniti, grazie all'elezione di Joe Biden, rientreranno negli accordi di Parigi e la terza è che sono oramai 127 i Paesi (tra i quali gli USA) ad aver fissato come traguardo quello della neutralità emissiva entro la metà di questo secolo. Se così fosse, avremmo il 66% di possibilità di stare al di sotto dei 2.3°C di aumento di temperatura (contro l'attuale proiezione di 3.1°C). 

Non basta. Sono d'accordo, ma credo che da qui occorra ripartire. La tutela ambientale è ormai entrata a buon diritto nell'agenda politica di (quasi) ogni Paese, cosa inimmaginabile anche solo 20 anni fa. Le nuove generazioni stanno nascendo in un contesto completamente diverso da quello in cui siamo cresciuti noi e che consentirà loro di maturare una sensibiltià verso le tematiche ambientali maggiore rispetto a quella dei loro genitori. 

Mi sembra quindi che si sia imboccata la strada giusa. Ora dobbiamo spingere sull'acceleratore.

I minatori portavano con sé dei canarini. Il loro
I minatori portavano con sé dei canarini. Il loro canto durante le dure giornate di lavoro in miniera era la spia che tutto stava procedendo per il verso giusto. La sua assenza, al contrario, indicava che si doveva uscire dalla miniera il più in fretta possibile: l'aria stava diventando velenosa. 

Allo stesso modo, la regione Artica è la sentinella sullo stato di salute del Pianeta ed è ormai da diversi anni che si è fatta silenziosa. Rispetto al resto del Pianeta, l'Artico, infatti, si sta scaldando ad una velocità doppia ed il 2020 è stato, per questa regione, l'anno dei record: dai 38°C estivi a Verkhoyansk (Siberia), al secondo minimo in termini di estensione di ghiaccio marino passando per un'impressionante impennata degli incendi. 

Il suolo artico è prevalentemente permafrost, vale a dire che è costantemente ghiacciato per tutta la durata dell'anno ed è caratterizzato da un'elevatissima densità di carbonio, fino a 10 volte superiore rispetto alle foreste boreali. A causa dell'aumento delle temperature globali (e artiche), il permafrost si sta scongelando e, complici anche le condizioni estive secche, sta diventando sempre più vulnerabile agli incendi. La combustione di un suolo contenente così tanto carbonio implica la liberazione in atmosfera di ingenti quantità di anidride carbonica.  Ed è quello che sta avvenendo. 
In effetti, la quantità di CO2 derivante dagli incendi artici è stata del 35% superiore rispetto al 2019. In più, la lenta capacità rigenerativa degli ambienti artici, fa sì che si stiano rapidamente trasformando in una nuova potenziale sorgente di gas serra alimentando un "circolo vizioso" che porterà temperature sempre più alte, condizioni sempre più secche e incendi sempre più devastanti (meccanismo del feedback positivo). 

E' una bomba ad orologeria che sta già dando i primi segnali di cedimento. Se questo meccanismo raggiungerà un punto di non ritorno (tipping point), gli sforzi per mitigare il riscaldamento globale potrebbero risultare vani. Tuttavia, se è vero che i canarini hanno smesso di cantare, forse non è ancora troppo tardi.


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