La morte corre in cucina

Superficie di una spugnetta usata vista al microscopio, popolata da funghi e batteri
Superficie di una spugnetta usata vista al microscopio, popolata da funghi e batteri
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I luoghi sporchi per noi sono le toilette pubbliche, una stazione della metropolitana, gli stessi appigli di un autobus. Sono effettivamente tutti luoghi dominati in larga parte da batteri potenzialmente patogeni, ma ve n’è un altro, insospettabile e proprio per questo più pericoloso: la cucina!

Superficie di una spugnetta usata vista al microscopio, popolata da funghi e batteri
Superficie di una spugnetta usata vista al microscopio, popolata da funghi e batteri

In cucina infatti vi è un mix di ingredienti fantastico per lo sviluppo dei batteri: l’acqua tiepida che scorre per lavare i piatti, una perenne umidità, residui di cibo… Insomma, un vero resort a 5 stelle!
Il primo luogo da imparare a tenere pulito è il lavandino dove alloggia il batterio Staphylococcus Aureus che causa negli Stati Uniti ogni anno fino a 20.000 decessi. Sale e limone accompagnati da acqua calda sono più che sufficienti per evitare il pericolo.
Anche il lavaggio dei piatti potrebbe rappresentare un’attività poco salubre sia che si scelga di lavarli manualmente, sia che si decida di usare una lavastoglie. Nel primo caso si rischia di incorrere in un’infezione o ad opera della salmonella o dell’escherichia coli. Infezioni che hanno provocato 1,2 milioni di ricoveri ospedalieri e 380 morti. La lavastoviglie invece è una vera e propria trappola mortale. A causa della presenza di funghi, specialmente del genere Aspergillus. L’inalazione delle spore di questo fungo causa una patologia nota come Aspergillosi che è la responsabile di 400.000 decessi negli Stati Uniti. Tuttavia, è sufficiente rimuovere il filtro della lavastoviglie, lasciarlo a bagno nel sapone per 10 minuti, aggiungere dell’aceto sul fondo dell’elettrodomestico e azionare il ciclo di lavaggio più intenso per evitare ogni rischio di contagio.

Ma se, nonostante tutto, fossimo vittime di un’infezione batterica? Può sembrare strano, ma è solo dal 1922 che è stato possibile sconfiggere le patologie causate da batteri. Fu Alexander Fleming che, come noto, scoprì casualmente il primo antibiotico: la penicillina. Come funziona?
I batteri sono organismi unicellulari che presentano una differenza fondamentale rispetto alle cellule umane. Sono costituiti da una parete cellulare (assente nelle cellule umane), una specie di “muro protettivo” che li separa dall’ambiente circostante. I mattoni che costituiscono il muro dei batteri sono molecole di peptidoglicano che vengono unite tra di loro grazie ad un enzima, chiamato transpeptidasi. L’enzima svolge un lavoro simile a quello di un muratore quando, con la malta, unisce due mattoni per dare rigidità al muro.
La transpeptidasi infatti, attraverso una reazione detta di cross-linking, unisce le molecole di peptidoglicano tra di loro per conferire rigidità e compattezza alla parete cellulare del batterio. L’azione della penicillina è quella di bloccare l’azione della transpeptidasi. Senza la malta, il muro può essere distrutto molto facilmente. Allo stesso modo la parete cellulare batterica privata del cross-linking tra le molecole di peptidoglicano perde in rigidità e si rompe, causando la morte del batterio.
Nel corso degli anni, purtroppo, i batteri hanno sviluppato dei meccanismi di difesa (la resistenza batterica) così che, ad oggi, la penicillina scoperta da Fleming è scarsamente efficace. L’obiettivo della ricerca è quello di sviluppare continuamente nuovi antibiotici in una guerra che sembra non avere fine. Ciò nonostante, ancora oggi, molte sintesi di nuove molecole ad attività battericida partono proprio dalla stessa penicillina che isolò lo scienziato inglese.

Alexander Fleming nel suo laboratorio
Alexander Fleming nel suo laboratorio
Informazioni su François Burgay 43 Articoli
Dottorato di ricerca in Scienza e Gestione dei Cambiamenti Climatici presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e laureato in Chimica dell'Ambiente presso l'Università di Torino ha da sempre la passione per la divulgazione della scienza e della chimica in particolare. Attualmente lavoro come ricercatore presso il Paul Scherrer Institut, in Svizzera

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