La luce dell’oceano

Sending
User Review
0 (0 votes)
Bioluminescenza da parte di dinoflagellati- Fotografia di Mike Blake, Reuters
Bioluminescenza da parte di dinoflagellati – Fotografia: Mike Blake, Reuters

Uno dei fenomeni naturali più belli apprezzabile soprattutto nei mesi estivi è la bioluminescenza, quella serie di reazioni biochimiche che fa brillare per esempio le lucciole nell’oscurità.Ma a ben vedere le lucciole sono tra le poche specie terrestri che emanano luce propria, in effetti la pressoché totalità delle specie bioluminescenti si trova in un altro ambiente, quello marino. Ma, come fanno a produrre luce?

Nella vita di tutti i giorni, per produrre elettricità abbiamo bisogno di una centrale elettrica che bruci il combustibile. Per certi versi, negli organismi bioluminescenti avviene la stessa cosa. La centrale elettrica è costituita da un enzima, noto come luciferasi, e il combustibile è rappresentato da due molecole, la luciferina e l’ATP. Se la combustione del petrolio in una centrale termica produce calore, la “combustione” della luciferina e dell’ATP ad opera dell’enzima luciferasi produce un’altra molecola nota come luciferil-adenilato.
Continuando il parallelismo, il calore prodotto nella centrale termica andrà a scaldare dell’acqua il cui vapore alimenterà una turbina che produrrà elettricità. Analogamente la luciferina adenilato (che nella nostra metafora è rappresentata dal calore) reagisce con l’ossigeno (scalda l’acqua) e produce un’altra molecola detta ossoluciferina (il vapore) in uno stato eccitato. Esattamente come il vapore, l’ossoluciferina eccitata di per sé non è in grado di produrre la luce. Essa deve “rilassarsi” passando dallo stato eccitato ad uno stato chiamato fondamentale, alla minima energia: il vapore deve far girare una turbina. Ed è proprio questo il passaggio clou in cui viene emessa… la luce!

Come dicevamo la bioluminescenza è particolarmente sviluppata negli ambienti marini. In effetti, la luce solare riesce a penetrare solamente nei primi 200-300 metri di profondità. E’ in questa zona, detta fotica, che si concentra la maggior parte della vita sottomarina, ma negli abissi? Come noi accendiamo una lampadina per vedere cosa c’è in una stanza buia, così gli animali accendono la loro lampadina attraverso il meccanismo visto in precedenza. La bioluminescenza marina consente così l’uso del senso della vista anche là dove la luce è minima o assente. Tuttavia, i enomeni bioluminescenti non si verificano soltanto nelle profondità oceaniche, bensì anche nelle zone fotiche. Qui vivono delle alghe bioluminescenti: i dinoflagellati. Essi possono produrre tossine dannose per pesci, esseri umani e altre creature. Gli studiosi pensano che la bioluminescenza possa essere una forma di difesa per questi microrganismi marini, una sorta di segnale per dissuadere i predatori.

L'Arachnocampa luminosa, un insetto, causa questi bellissimi effetti luminosi nella grotta Waitomo (Nuova Zelanda). Foto: Shaun Jeffers/Ipa
L’Arachnocampa luminosa, un insetto, causa questi bellissimi effetti luminosi nella grotta Waitomo (Nuova Zelanda). Fotografia: Shaun Jeffers/Ipa
Informazioni su François Burgay 43 Articoli
Dottorato di ricerca in Scienza e Gestione dei Cambiamenti Climatici presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e laureato in Chimica dell'Ambiente presso l'Università di Torino ha da sempre la passione per la divulgazione della scienza e della chimica in particolare. Attualmente lavoro come ricercatore presso il Paul Scherrer Institut, in Svizzera

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*