Le trincee. Durante la Prima Guerra Mondiale erano ambienti fangosi, puzzolenti, malsani e putridi. I soldati, nel tentativo di guadagnare qualche centinaio di metri lungo la linea del fronte, finivano crivellati di colpi. Tuttavia, un nuovo nemico, più subdolo, avrebbe rivoluzionato per sempre la storia della guerra e della chimica. Ypres, 1915: più di 15 000 uomini morirono investiti da una nube acre, di colore verde che fu dispersa sul campo di battaglia dai soldati tedeschi. Questo attacco rappresentò l’inizio dell’era delle armi chimiche, la cui storia sarà ripercorsa in questo articolo.
Breve storia delle armi chimiche: dal 400 a.C. alla battaglia di Ypres
Se, come vedremo, durante la prima guerra mondiale l’industria chimica diede un contributo importante per la sintesi di nuove armi letali, il primo utilizzo di armi chimiche risale al 400 a.C.. Per espugnare la città di Platea, i soldati spartani costruirono e diedero fuoco ad una pira di legna appena fuori le mura della città utilizzando pece e zolfo. Le fiamme bluastre si alzarono verso il cielo ed il fumo, insieme ad un odore acre, avvolse la città assediata. Il mix di fumo e diossido di zolfo, prodotto in seguito alla combustione dello zolfo stesso, fece presto capitolare i nemici.
Questo rappresentò il primo utilizzo, per lo più inconsapevole, di una molecola a fini bellici. In effetti, nella storia non si registrarono più combattimenti “facilitati” dall’utilizzo della chimica almeno fino alla battaglia di Ypres del 1915. In questa circostanza, soprattutto grazie agli sforzi dell’industria chimica tedesca, più di 30 tonnellate di cloro gassoso vennero diffuse sul campo di battaglia intossicando ed uccidendo, tra atroci sofferenze, migliaia di soldati francesi in appena una decina di minuti.
L’attacco col cloro fu soltanto il preludio per nuovi attacchi con nuove molecole, tra cui il fosgene, l’arsina ed il gas mostarda. Quest’ultimo è un liquido oleoso a temperatura ambiente con un punto di ebollizione di 217°C. Grazie a queste proprietà poteva essere trasportato efficacemente in normali container e disperso come aerosol durante un combattimento. Fu nuovamente Ypres (da qui il gas mostarda venne chiamato anche iprite), nel 1917, ad essere il teatro di un nuovo atroce confronto tra truppe tedesche e soldati britannici. Il gas mostarda, caratterizzato da un pungente odore di senape, causò profonde ustioni, lesioni polmonari e in alcuni casi cecità in chi lo inalava. Più raramente, la morte. I soldati colpiti necessitavano quindi di continue e prolungate terapie. Questo ebbe un secondo, indiretto, effetto: il quasi collasso del sistema sanitario degli eserciti rivali.
In Germania Fritz Haber, uno dei chimici convolti nello sviluppo di armi chimiche, ipotizzò che il massiccio ricorso a questa strategia bellica avrebbe potuto ridurre la durata del conflitto. Secondo alcuni storici, le armi chimiche ebbero proprio l’effetto opposto e cioè allungarono la Prima Guerra Mondiale e spinsero la ricerca a trovare nuove strategie sempre più letali. Un esempio? L’uso di granate contenenti sostanze non mortali, ma irritanti e fini a sufficienza da poter penetrare nei filtri antigas, generare attacchi di tosse e indurre i soldati a togliersele. A quel punto, cioè quando i nemici erano più vulnerabili, venivano utilizzati i gas letali.
Sebbene sia difficile stimare un numero esatto, circa 80.000 soldati morirono a direttamente a causa delle armi chimiche.
Dopo la prima guerra mondiale, fino all’attentato di Tokyo
Finita la Guerra, l’industria chimica si convertì e, anche complici le innovazioni tecnologiche derivanti dalla sintesi dell’ammoniaca sviluppate dallo stesso Haber, indirizzò i propri sforzi verso la ricerca di fitofarmaci o pesticidi. Questo portò l’industria tedesca IG Farben a produrre circa 200 potenti composti che, al contrario del gas mostarda che conteneva un atomo di zolfo nella sua struttura, possedevano un atomo di fosforo. Si trattava dei cosiddetti composti organofosforici. Tra di essi: il Sarin, il Soman ed il Tabun. La loro particolarità risiede nel meccanismo di azione con cui questi composti esplicano la loro azione tossica. Questa, coinvolge il sistema nervoso e, in particolare, porta all’inibizione irreversible dell’acetilcolinesterasi, un enzima che regola la trasmissione dell’impulso nervoso. Con questo enzima fuori uso, la trasmissione dell’impulso lungo le fibre nervose è inibito portando alla morte colui che ne entra in contatto. Si tratta di composti estremamente efficienti per uccidere i parassiti, tuttavia non sono selettivi. Questo implica che anche gli esseri umani possono essere minacciati.
Il Sarin è senza dubbio il composto organofosforico più famoso ed è stato usato in occasione dell’attentato alla metropolitana di Tokyo nel 1995. La mattina del 20 Marzo, poco prima delle otto del mattino, dieci persone appartenenti alla setta di Aum Shinrikyo dislocarono vari sacchetti di plastica in alcune delle stazioni più frequentate della metropolitana della capitale giapponese. Senza farsi notare e con l’aiuto di un ombrello, forarono i vari sacchetti contenenti Sarin allo stato liquido che, una volta fuoriuscito, evaporò velocemente e si diffuse negli ambienti. In poco meno di 10 minuti, la gente iniziò a mostrare i primi sintomi dell’avvelenamento tra cui perdita della vista, irritazione, svenimento. I soccorsi arrivarono entro le 8:20 e le stazioni furono evacuate alle 8:35. I morti furono 13, i feriti più di 30.
Tra gli altri composti che la IG Farben preparò al termine del primo conflitto mondiale, vi fu anche lo Zyklon B, un insetticida a base di acido cianidrico. Questa molecola fu utilizzata durante la Seconda Guerra Mondiale nelle camere a gas dei campi di sterminio nazisti. La sua tossicità è dovuta all’effetto degli ioni cianuro (CN–) sulla citocromo ossidasi, un enzima che, se inibito, blocca la respirazione cellulare. 70 mg sono sufficienti per uccidere un uomo di 70 kg in meno di due minuti. Furono circa 1 milione gli ebrei che morirono inalando questo gas..
Un futuro senza armi chimiche?
Oggi, le armi chimiche sono bandite dalla Convenzione sulle Armi chimiche che, oltre a stabilire un disarmo progressivo da parte di tutti i paesi firmatari, proibisce qualsiasi attività rivolta a sviluppo, produzione, acquisizione, detenzione, conservazione e trasferimento e uso di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati. L’Italia ha ratificato il trattato nel 1997 e lo stesso è stato firmato da tutte le nazioni del Pianeta ad eccezione di Corea del Nord, Egitto e Sud Sudan.
Purtroppo, anche in alcuni conflitti recenti, molti eserciti sono ricorsi all’utilizzo di armi chimiche. Ad esempio, nel 1988 durante la guerra Iran-Iraq un gas al cianuro fu liberato uccidendo più di 5000 civili. Più recentemente, durante la guerra civile Siriana, la città di Ghuta venne attaccata con bombe contenenti sarin provocando un numero di vittime compreso tra le 280 e le 1729 unità. In seguito a forti pressioni internazionali, l’intero arsenale di armamenti chimici siriani fu distrutto e la Siria aderì alla Convenzione Internazionale per il bando della armi chimiche.
La storia sull’utilizzo delle armi chimiche ci insegna molto riguardo la loro pericolosità. Tuttavia, le sempre maggiori adesioni da parte di diverse nazioni alla Convenzione Internazionale dell’ONU, lasciano ben sperare per un futuro più sicuro.
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